Su di me
Che avrei fatto l’assistente sociale era già scritto nelle lettere che mi scambiavo con la mia migliore amica. Erano i tempi del liceo classico, dello studio degli antichi e, attraverso di loro, dello studio dell’animo umano, delle sue risorse, della sua grandezza e dei suoi limiti.
Ciò che non sapevo era che mi sarei avventurata nell’intricato mondo del disturbo psichico e della fragilità di persone adulte o anziane, e che la professione di aiuto sarebbe stata, poi, la mia passione.
È durante i primi tirocini che comprendo il valore dell’esperienza sul campo, accanto alla preparazione teorica. Ho sempre nutrito la mia vocazione di problem solver, di “risolutrice di problemi” o “sbrogliatrice di matasse”, con studi e letture di approfondimento, ma puoi leggere tutti i libri del mondo: è solo quando metti mano ai processi che capisci cosa funziona meglio, cosa meno e cosa non può funzionare proprio.
Succede ogni volta che devo progettare con chi mi sta di fronte un percorso sostenibile e funzionale a riordinare il caos di esistenze andate in frantumi, offrendo a chi si rivolge a me consapevolezze e strumenti che porteranno sempre con sé. A volte basta il riconoscimento di un diritto come l’invalidità civile, l’inserimento in qualche attività del territorio, un accompagnamento al servizio pubblico più adeguato o semplicemente un incontro dove chi mi sta di fronte senta vista e compresa la propria fragilità
In ogni progetto si riversano esperienze maturate all’estero, dove ho voluto sperimentare come funzionano i servizi sociali fuori dall’Italia, e poi nei Comuni di Mantova e Verona, nell’ ospedale di Negrar e in servizi specialistici del Distretto, dove mi sono fatta le ossa lavorando in équipe all’interno di una rete di servizi, popolata da svariate figure professionali: medici, psicologi, riabilitatori, per esempio. E dove ho imparato a lavorare nell’emergenza, senza perdere la lucidità. Per questo, sono brava a snodare intrecci e a dipanare situazioni aggrovigliate.
Forte delle esperienze che ho maturato negli anni, è arrivato il tempo di spiccare il volo e di tuffarmi nella libera professione. Oggi collaboro con alcune realtà del territorio come Villa Santa Chiara, la CTRP “La casa in collina” e la Fondazione Speranza che si occupano di riabilitazione psichiatrica e fisica e disintossicazione.
Con i miei clienti affronto situazioni incagliate da qualche parte, nella rotta verso una meta anelata. E il bello sta proprio lì: ogni volta ascolto storie che si somigliano ma che sono tutte diverse; ne osservo ogni peculiarità con mente curiosa, come se fosse il primo giorno, perché chi si affida a me possa superare l’impasse e tornare a navigare, grazie agli strumenti che ho appreso e messo alla prova nel tempo. Così, ogni volta, continuo a imparare anch’io. Con loro.